+39 349 2701324 Login

Rabbia negli Adolescenti ed in ambito Scolastico

Rabbia1

 

 

Mio fratello ha detto che l’ho picchiato, ma non è vero. Mio papà mi ha sgridato:Io mi sono arrabbiato con lui. Quando mi arrabbio, mi sembra di avere un vulcano nella pancia.

(L., 9 anni)

La Rabbia

è un’emozione estemporanea, ha un’origine interiore (spesso legata ad emozioni inconsce) ed esternalizza tensioni che possono essere legate a diversi modi personali di sentire o percepire le emozioni di inadeguatezza, frustrazione, dolore, fatica, indignazione ecc…, che non si riescono a gestire! Diversamente dal conflitto, questa si manifesta a prescindere da una struttura di relazione con altre persone, ed ha una dimensione prevalentemente individuale, anche se in seguito tende a scaricarsi sulle persone circostanti.

 

L’altro viene spesso percepito come scomodo o come un impedimento, un ostacolo che ci limita, l’altro diventa invisibile agli occhi della persona arrabbiata.
La rabbia, o meglio le sue modalità di espressione variano e si modellano in base alle esperienze personali che ciascuno di noi percorre durante i primi anni di vita, modellate dalle interazioni familiari (con i genitori, fratelli, amici ecc….).
Durante l’infanzia, infatti, i bambini fanno grosse esperienze in merito a quest’emozione, che risulta essere parte integrante del loro percorso di crescita.

 

In età prescolare vivono una grande frustrazione derivante dall’incapacità di esprimere i propri desideri e bisogni, dalla fatica di convivere con gli altri, condividere giochi, persone, accettare il proprio limite, rispettare le regole. Il bambino è ostinato e costantemente combattuto tra i propri sentimenti. Questa dimensione fa parte integrante della prima infanzia, come l’imparare a camminare e a parlare, mostra che il bambino sta scoprendo il proprio io. Gli attacchi d’ira lo aiutano a superare la frustrazione. Non sempre è in grado di riconoscere, descrivere ed esprimere il proprio sentire, ma questa competenza emotiva è un apprendimento educabile ed importantissimo.

 

Dare un nome alle emozioni, trovare uno spazio in cui esprimerle è un’opportunità preziosa per costruire un Io sano, in grado di negoziare e per migliorare la capacità di stare in gruppo. È importante spostare la rabbia sul registro relazionale del conflitto. I litigi tra pari sono necessari per riconoscere la presenza dell’Altro che pone vincoli al proprio mondo egocentrico. I litigi sono preziosi perché attraverso essi il bambino entra nella gestione della contrarietà con gli altri, accetta la contrarietà, accetta che gli altri esistano.

 

Il Cestino della rabbia vuol essere un luogo di crescita e scoperta attraverso una dimensione rituale ed educativa. In educazione i rituali sono una risorsa preziosa perché permettono una comunicazione simbolica di immediata comprensione ed efficacia. Liberano e canalizzano energie, facilitano una rielaborazione interiore degli eventi, attivano i partecipanti. È necessario però che siano guidati da un’intenzionalità formativa ben orientata per non cadere in automatismi sterili e dannosi.

Rabbia 3 Rabbia 4

L’interazione, che si attiva in questi momenti rituali, si delinea in episodi e ritmi che, con il loro ripetersi, permettono al bambino di avvertire, elaborare, riconoscere, rievocare e intuire/prevedere l’alternanza degli eventi in cui si divide una qualsiasi situazione di vita. Sperimentando il ritmo il bambino può inserire, in tutta sicurezza, un nuovo momento d’esperienza che ri-attiva il gioco relazionale con l’adulto e con un altro bambino. I rituali portano i bambini a sentirsi in contesti sicuri aprendo così il varco per vivere nuove esperienze di crescita e di grande valenza emotiva.

Finalità del Cestino è l’esplicitazione condivisa del carico emotivo legato alla abbiada parte dei bambini facendo si che si attivino in prima persona e riconoscano il proprio vissuto.
Il Cestino offre un luogo e un tempo in cui dar voce a quel vulcano nella pancia che raramente può essere interrogato dopo un’eruzione; cerca di rendere più consapevoli i piccoli dei loro sentimenti attraverso la lettura dei segnali forniti dal proprio corpo; li coinvolge in una rielaborazione narrativa e grafica. Fondamentale è la risorsa del gruppo in cui si accendono dibattiti, confronti, suggerimenti tra pari.

Affinché i bambini si sentano accolti anche nelle loro emozioni forti è importantissimo l’atteggiamento dell’educatore che offre il percorso, dà i tempi, gli spazi, coglie i momenti più significativi attraverso l’osservazione dei partecipanti e attiva il processo fornendo occasioni di crescita. Per lavorare sulle emozioni e, in particolare, sul sentimento della rabbia, è parimenti necessario approntare un setting capace di contenere questi vissuti.L’educatore deve mostrarsi sicuro di ciò che propone e della possibilità, da parte dei bambini, di esternare tali emozioni costruendo così una relazione di fiducia con i piccoli partecipanti che, in tal modo, si sentono protetti e sicuri.

È quindi utile procedere, oltre che seguendo un progetto di massima, anche calibrando la proposta ogni volta a seconda del gruppo che si incontra e delle dinamiche emergenti. All’interno di un percorso che si immerge nelle emozioni questo atteggiamento da parte del conduttore lo rende maggiormente efficace e permette la condivisione di sentimenti che divengono patrimonio comune. Protagonisti indiscussi degli incontri sono i bambini e quanto di sé portano al gruppo.

L’educatore raccoglie i loro vissuti, prova ad assumere la loro prospettiva per poi fornire qualche intuizione, spunto, domanda derivante dalla consapevolezza del proprio punto di vista che conserva attivo e saliente (capacità di role-taking).
Lavorando con il Cestino della Rabbia le risposte assumono la dimensione e la forma di domande che, come per il metodo Socratico, procedono per confutazione: “come, dove, perché, con chi …ti senti arrabbiato?”; “cosa vedi sul suo viso?”; “come senti la sua voce?”… Non si cerca la Verità, ma la conoscenza e la consapevolezza dell’emozione: come la sente e la mostra il bambino; a chi; come si può riconoscerla e palesarla in modo costruttivo.

 

Il Cestino è uno strumento, un’opportunità per facilitare un processo di autocoscienza e riconoscimento di un’emozione non per eliminarla. I bambini si interrogano, riportano quello che vivono, cosa li smuove e ciò li attiva: ricordano quanto vissuto con i compagni e identificano la rabbia attraverso le espressioni del viso, la postura del corpo propria e altrui, qualcuno impara a riconoscerla nella pancia e qualcun altro coi denti. Raccontano e disegnano episodi in cui sentono di essersi arrabbiati, spiegano con chi, quando e perché, si rendono conto che anche gli altri si arrabbiano, di non essere gli unici ad avere un vulcano dentro quando la mamma non risponde ad una richiesta o il fratellino ruba qualche gioco.

 

A questo punto il Cestino costruito da tutto il gruppo, diventa il raccoglitore simbolico dove i bimbi e le bimbe gettano i disegni o gli oggetti che rappresentano in qualche modo la frustrazione. Gli adulti accolgono il contenuto del Cestino e aiutano i bambini ad attivare un processo di sviluppo che contenga la fatica fatta. Diventando maggiormente consapevoli i bambini riflettono anche su come comportarsi quando sono arrabbiati, si scambiano consigli, condividono parte della loro storia. A volte, a mente fredda, prendono le distanze dagli atteggiamenti più esplosivi e distruttivi cercando strategie nuove per stare in quel vissuto tanto faticoso. Ciò non esclude che lo stesso comportamento possa ripresentarsi, ma gli spunti per affrontarlo, ricollocarlo, rileggerlo non mancano: si muovono nuovi passi nel cammino della crescita.

 

Dr. Mancini Massimo A. LMFT