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Ancora una volta, un altro episodio di violenza riportato dalla cronaca (nella recente partita del derby Roma/Lazio), che ha tristemente riacceso le polemiche ed i tristi ricordi di altrettanti episodi accaduti alcuni anni fa, dall’uccisione di quel poliziotto nella partita Catania/Palermo (nel Febbraio del 2007), oppure all’uccisione di quel tifoso Laziale nell’area di servizio dell’autostrada Roma/Firenze, che ha scatenato e suscitato tante reazioni violente per tutta la città di Roma e successivamente tante polemiche mediali, dalla sicurezza negli stadi, agli stadi chiusi e tutte le vittime ad esse collegate, ecc…! Potremmo andare avanti per ore o per anni descrivendo questi episodi, ma il risultato sarebbe sempre lo stesso tanta tristezza che va ad inquinare lo sport in generale e tutti coloro che invece, credono nello sport ed in quei valori che esso rappresenta, e che nel loro lavoro quotidiano con i ragazzi cercano di trasmettere quel senso di correttezza, sacrificio, dovere, disciplina ed altruismo che hanno forgiato e definito questo termine nel tempo, perché loro stessi, sono stati sportivi ed atleti, ed hanno imparato a loro spese il significato o il valore di una medaglia o il riconoscimento di compagni di squadra o semplicemente della parola “Sportivo” nel senso più alto e nobile di questa definizione. Tornando alla violenza ed alle sue manifestazioni, avete mai notato che quasi sempre sono il risultato di un gruppo di persone, spesso tifosi e non, che si ritrovano in gruppo e forti della loro comunione di passioni ed interessi sembrano in grado di fare e dire molte cose che molto probabilmente da soli non riuscirebbero a fare. A tal proposito, nel tentativo di riuscire a comprendere meglio come il gruppo possa trasformarsi in una forza così distruttiva e spesso legata a significati negativi vorrei cominciare ad analizzare le personalità e tipologia del tifoso. Secondo il ricercatore Wilfred Ruprecht Bion, psicoanalista britannico e le sue ricerche sui gruppi, questi, ha definito il gruppo come: “un sistema composito integrato dalle distinte dinamiche dei componenti che sinergicamente contribuiscono alla costituzione in apparato psichico sovraordinato all’individuale, dal funzionamento tendenzialmente psicotico (a differenza di Freud che l’aveva ritenuto nevrotico). I gruppi con Leader sono gruppi di lavoro, di persone che si mettono insieme per uno scopo comune. Il gruppo di Bion è senza Leader, cioè senza un compito preciso da svolgere, senza uno scopo definito. Il gruppo permette la rappresentazione esterna e la drammatizzazione della “gruppalità” interna di ciascun componente che così può dare espressione a parti della sua personalità in conflitto con i compromessi necessari alle relazioni inter-individuali, di coppia, familiari, gruppali e sociali. In pratica emerge dai gruppi senza Leader lo spaccato profondo della mente e della vita affettiva delle persone stesse. Il conflitto individuo-società, per Bion, è in primo luogo intrapsichico e come tale può essere rivelato e risolto nel lavoro del gruppo. Assunti di base del gruppo Questi sono Fantasie gruppali di tipo onnipotente e magico sulla possibilità di raggiungimento degli scopi. Coincidono, con stati emotivi tendenti ad evitare la frustrazione connessa all’apprendimento dell’esperienza stessa. Infatti, mentre la mentalità del gruppo è il Contenitore, gli assunti di base sono il contenuto dell’opinione del gruppo (dove ad esempio il benessere del gruppo prevale su quello individuale, oppure il gruppo fornisce e sopperisce a quei bisogni individuali di coloro che non hanno una identità ben definita, che viene quindi ricercata nel gruppo stesso e così via…”. Nel gruppo, tendono a prevalere le esigenze e le necessità di quest’ultimo, sia in positivo che in negativo. Qui infatti, le caratteristiche dell’individuo tendono ad essere sostituite e rinforzate dal quelle del gruppo, il quale, oltre a permettere la libera espressione delle proprie caratteristiche positive (come il sostegno ed il senso di appartenenza, che implica allo stesso tempo la sensazione di essere importante, onnipotente per gli altri, legato alla condivisione di esperienze, passioni ed ideali comuni) anche quelle caratteristiche negative. Queste ultime, trovano una loro espressione in una inibizione di quei freni personalì, che individualmente si hanno se ci si trova da soli, il fatto di essere in molti, permette una sorta di legittimazione di quei sentimenti, difficili ed aggressivi (rivelatori di un conflitto profondo ed interiore) che generalmente vengono tenuti sotto controllo, qui nel gruppo vengono quasi autorizzati. Ecco così, legittimare molti di quei conflitti interiori che trovano espressione proprio nel gruppo, dove la forza del numero sembra giustificare l’agito, legale o meno. E’ sufficiente guardare al passato, e potremmo così riscontrare molti esempi in vari settori da quello militare (durante le guerre attuali o passate) a quello civile riportato dalla cronaca, quante volte, gli studiosi hanno riportato episodi di violenze atroci di gruppo, con livelli inimmaginabili di crudeltà che variano dalle violenze sulle donne, sui bambini ecc…, non è passato molto tempo dalla seconda guerra mondiale dove in nome di ideali o falsi valori si giustificavano atti e gesti inconsulti. Tornando al nostro tifoso, ed a quelle motivazioni e necessità, che lo portano ad aderire ad un gruppo, trovano una giustificazione, un senso di solidarietà ed appartenenza a questo, che sembra offrirgli un sostituto della sua pseudo-famiglia mancante, quella comprensione, e quel sostegno sia psicologico che motivazionale, che gli permette di capire chi è, di trovare inoltre una sua identità, probabilmente il risultato di una carenza a livello personale interiore che rispecchia il famoso conflitto cui parlava Bion nella sua ricerca, si arriva così al triste risultato che riscontriamo quasi settimanalmente dai mass-media, di altri episodi di violenza gruppale quasi legittimata. Alcune delle caratteristiche del tifoso, evidenziate da altre ricerche della criminologa Dr. Calzolari Silvia Ricerche fra aggressività e spettacolo sportivo:

  • Le emozioni provocate dalla partita favoriscono le condotte aggressive solo se queste fanno già parte del repertorio comportamentale del tifoso.
  • La teoria catartica afferma che l’aggressività del tifoso rappresenta una compensazione alle frustrazioni.
  • In realtà la caratteristica del tifoso violento è l’eccitazione emotiva più che le frustrazione.

Motivazioni inconsce:

  • L’invidia inconscia è alla base della tensione emotiva che accompagna molti tifosi violenti, che si vogliono aggiudicare un pezzettino di spettacolo.
  • Meccanismi difensivi psichici primitivi (scissione, identificazione proiettiva)
  • Nel tifo c’è una forte componente di virilizzazione.

Da tutto questo, si evince che, non è facile riuscire ad identificare un unico motivo o spiegazione che giustifichi il comportamento del gruppo, ciò che abbiamo analizzato fino ad ora, è la componente personale del tifoso che influisce fortemente sulla sua scelta di associarsi al gruppo con tutte le conseguenze già citate in precedenza, a cui vorrei aggiungere una nuova componente di tipo sociale. Infatti, in seguito ad una mia considerazione legata sia alla mia esperienza professionale che personale sulla nostra società moderna, un aspetto che merita particolare attenzione è quello legato al livello di rabbia/rancore e risentimento, che caratterizza noi tutti, come risultato di situazioni sia personali sia sul piano familiare, che personale che lavorativo. E’ sufficiente, guardarsi intorno per verificare come nelle nostre relazioni quotidiane con amici, parenti compagni di scuola, di squadra o colleghi di lavoro, spesso le persone tendano a manifestare una sempre più crescente aggressività implosa verso il prossimo, che sembra cercare solo una nuova occasione per esplodere colpendo chiunque ci si trovi davanti, oppure possa solo incidentalmente ostacolarlo. Vedi ad esempio, episodi di cronaca nera descritti dai giornali, come la persona aggredita per essersi permessa di difendere un posto auto in un parcheggio pubblico, oppure, ad un litigio per qualcuno che non concede la precedenza quando richiesta, ecc…, potremmo procedere per ore descrivendo vari episodi all’infinito, il risultato sarebbe sempre lo stesso. Credo, che a questo punto, sia assolutamente necessario, riuscire ad osservarsi più da vicino su quelle che sono le nostre difficoltà personali quotidiane, che anche troppo spesso proiettiamo/scarichiamo sul prossimo che possa identificarsi nelle persone che ci vivono accanto, oppure a quelle più lontane degli amici, compagni o infine gli estranei stessi. Concludendo, di chi è la colpa di tutto ciò…, c’è solo un colpevole.., a voi la risposta…?

Dr. Massimo A. Mancini